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La condizione genetica che causa la malattia è l'omozigosi per un difetto β microcitemico grave (in Italia molto spesso la mutazione β039 C→T) oppure l'eterozigosi mista per 2 difetti β talassemici gravi.

L'anemia mediterranea (o talassemia major o morbo di Cooley) si manifesta nei primi mesi di vita: il bambino è molto pallido, non ha appetito, cresce poco, ha spesso febbre. Il suo sangue mostra una grave anemia. I globuli rossi sono pochissimi: sono quasi completamente privi di contenuto emoglobinico, hanno grandezza e forme assai diverse, molti sono soltanto dei frammenti (schistociti) anziché veri globuli rossi, e tutti vanno incontro, a causa di queste gravi alterazioni, ad una precoce distruzione.

Il bambino ha bisogno di ricevere trasfusioni di sangue già dai primi mesi di vita, altrimenti muore. Infatti, in assenza di trasfusioni, se riesce a sopravvivere per qualche anno, manifesta progressive, gravi deformazioni cranio-facciali, aspetto mongoloide del volto ed aspetto radiografico di cranio a spazzola: tutte conseguenze dell'enorme espansione del midollo osseo che però produce soltanto emazie non vitali (eritropoiesi inefficace). Compaiono intanto epato- e splenomegalia, arresto di crescita, assenza di sviluppo puberale, insufficienza cardiaca, che di regola causa la morte del malato.

Terapia dell'anemia mediterranea

Ricevendo periodicamente e per tutta la vita le emotrasfusioni, il bambino vive, cresce e sta bene.

Dopo un anno dall'inizio di questa terapia deve però incominciare la cura con un farmaco che riesce a fargli eliminare almeno una parte del ferro che riceve con le emotrasfusioni (terapia ferrochelante). Questa terapia si pratica da quasi un trentennio con un farmaco, la desferioxamina, che viene somministrato con un microinfusore per via sottocutanea lenta (dura circa 6h) 6 volte la settimana. Da qualche anno si utilizza anche un farmaco per via orale, il deferiprone, che però non ha sostituito totalmente l'uso della desferioxamina .

Durante la vita il malato ha bisogno anche di molte altre terapie: nell'adolescenza le terapie ormonali per ottenere un sufficiente sviluppo puberale; più tardi le cure per rallentare il decorso della cardiopatia e dell'epatopatia, per combattere l'infezione da HCV che spesso viene contratta in conseguenza della terapia emotrasfusionale. Nell'adolescenza occorre di solito anche la splenectomia.

Con questo complesso di cure il bambino riesce a crescere regolarmente, conserva un aspetto normale, diviene un adolescente e poi un giovane che può svolgere una regolare attività lavorativa e può anche sposarsi.

Trapianto di midollo osseo: cura definitiva dell'anemia mediterranea

Attualmente il trapianto di midollo è l'unica terapia che permette una guarigione definitiva.

Si esegue nei malati di anemia mediterranea ormai da più di venti anni. Il midollo del donatore deve essere quello di un congiunto (di regola un fratello o una sorella) che sia completamente identico riguardo al sistema di istocompatibilità e possibilmente non microcitemico. La guarigione si ottiene nel 100% dei casi se i malati sono ancora in età infantile, hanno ricevuto poche trasfusioni, non hanno una grave siderosi del fegato e del miocardio e non hanno contratto epatiti.

Dall'inizio degli anni '90 la metodologia del trapianto ha registrato importanti innovazioni. Si è passati cioè dall'impiego del midollo osseo in toto a quello delle sole cellule staminali e cioè di quelle cellule fortemente immature che sono in grado sia di riprodursi indefinitamente, sia di maturare dando vita ad un numero altissimo di emazie. Queste cellule possono essere prelevate dal midollo osseo di soggetti sani o dal fegato fetale, o con maggiore comodità dal sangue di cordone ombelicale. In qualche caso la trasfusione nel feto di cellule staminali prelevate dal sangue di cordone ombelicale di un fratello sano è stata praticata addirittura in utero. Questa sperimentazione è ancora in atto ma non ha dato finora esiti tali da poter superare la fase di sperimentazione.

Ingegneria genetica: il futuro dell'anemia mediterranea

Ancora assai lontana da un'applicazione pratica è anche la terapia genica che potrebbe condurre alla definitiva guarigione del midollo. Questa terapia consiste nell'introduzione nel patrimonio genico del malato di un gene β globinico normale al posto di quello assente o accanto a quello mutato. La sperimentazione è ancora in atto e per ora riguarda soltanto animali di laboratorio.